mercoledì 30 dicembre 2020

Recensione: Caro Nemico di Jean Webster

Buon giorno, cari lettori. 
Oggi condivido con voi la mia ultimissima recensione del 2020, Caro Nemico (1915), l'ultimo romanzo dell’americana Jean Webster, autrice del più celebre Papà Gambalunga (1912) - (Qui la mia recensione), di cui Caro Nemico è considerato lo spin-off. 
Tradotto integralmente da Miriam Chiaromonte, curato dal Prof. Enrico De Luca per la collana I classici ritrovati, è stato pubblicato da Caravaggio Editore proprio quest'anno.

"Non oso pensare cosa abbiano visto o vissuto alcuni di questi bambini. Ci vorrebbero anni di luce solare e allegria e amore per sradicare i tremendi ricordi che hanno immagazzinato negli angoli bui dei loro piccoli cervelli. E ci sono così tanti bambini e così pochi di noi che possano abbracciarli a sufficienza; semplicemente non abbiamo braccia o grembi per tutti."

Protagonista di queste pagine è Sallie McBride, amica ed ex compagna di stanza al college di Judy Abbot (eroina di Papà Gambalunga), incaricata proprio da quest’ultima e da suo marito Jervis Pendleton di diventare la direttrice dell’Istituto John Grier, dove Judy è cresciuta. 
Sallie, a differenza della sua amica, proviene da una famiglia ricca e agiata, dunque non sarà per niente facile per lei ritrovarsi ad affrontare la vita in un tetro e austero orfanotrofio, ma, sebbene in un primo momento voglia defilarsi e considerare il suo incarico solo temporaneo, pian piano, con forza, coraggio e determinazione, prende in mano la situazione per rinnovare completamente l’istituto di carità per orfanelli. Dalla dieta di quelli che inizia a chiamare i suoi cuccioli al guardaroba, dalle adozioni all’istruzione, tutto passa al suo vaglio attraverso i contributi dei benefattori, tra cui gli stessi Pendleton, e tra disavventure e grane, pian piano introduce migliorie atte a elevare la qualità di vita dei piccoli ospiti. 
Il "Caro Nemico" cui Sallie scrive è il protagonista maschile della vicenda, il Dottor Robin McRae, un uomo burbero ma dal cuore grande che nasconde un passato doloroso, che diventa il braccio destro della giovane direttrice nella cura degli orfani. Sallie conia questo soprannome per lui poiché all’inizio i due non si sopportano, ma ovviamente, come da romanzo che si rispetti, le cose sono destinate a cambiare. 


"É un tale piacere vedere questi bambini tutt'altro che spaventati e apatici, che sto dispensando premi per il chiasso..."

Scritto con un’ironia che fa sorridere, ma che più spesso porta a riflettere, l’ultimo romanzo di Webster, tra disastri e monelli ai quali in qualche misura rischiamo di affezionarci, espone quelle che sono le difficoltà nella gestione pratica di un orfanotrofio e introduce questioni come l’eugenetica, l’ereditarietà e i temi cari all’autrice, che fu impegnata in prima linea nel sociale. 
Epistolare e illustrato (in maniera infantile) dalla stessa autrice esattamente come Papà Gambalunga, considero Caro Nemico il romanzo più maturo di Jean Webster che abbia letto finora.

"L'ottimismo è l'unico abito per un operatore sociale."

venerdì 25 dicembre 2020

Auguri di buon Natale e felice anno nuovo

Cari lettori,
in quest'anno così difficile per tutti, vi raggiunga il mio più sincero augurio di un buon Natale e di un 2021 che restituisca a tutti noi gioia, conforto e serenità. 
Io sono pronta a donarvi nuove pagine e nuove emozioni. Presto! ;)


Auguri!

giovedì 24 dicembre 2020

Recensione: La cena di Natale e altri racconti di AA.VV.

Salve lettori e buona vigilia di Natale.
È la prima volta che recensisco un libro in tale giorno ma davvero mi è stato impossibile farlo prima. Poco male, perché è di una lettura natalizia che vi parlo oggi, una coinvolgente raccolta intitolata La cena di Natale e altri racconti che racchiude le penne di quattro scrittori di spicco vissuti nel 1800 e pubblicata nel 2019 da Elliot Edizioni

I racconti che v’invito a leggere in questi giorni di festa sono La calza di Natale di Whistling Dick di O. Henry, Un Natale in campagna di Louisa May Alcott, La cena di Natale, che dà il titolo al volumetto, di Nathaniel Hawthorne e Il venditore ambulante del grande Charles Dickens.


"Ma è noto che non possiamo vivere di torte speziate e charlotte di panna, e sono convinta che i libri sarebbero più corroboranti se fossero pieni di persone e cose di tutti i giorni, come del buon pane e burro. Le storie che mi piacciono sono quelle che arrivano al cuore e non si dimenticano facilmente. I libri di Miss Terry, ad esempio, quelli di Miss Stowe e i racconti di Natale di Dickens."
Louisa May Alcott, Un Natale in campagna

Il primo racconto, che inaugura la raccolta, è stato quello meno nelle mie corde. Narra la vicenda di un vagabondo, Whistling Dick, che girovagando nelle piantagioni del sud degli Stati Uniti, compie una buona azione il giorno di Natale guadagnandosi la stima di un ricco possidente che decide di ospitarlo e trattarlo come un suo pari. La sua libertà, però, sembra non avere prezzo. 

La seconda storia, decisamente più di mio gusto sia per rappresentazione che per scorrevolezza, in perfetto stile Alcott, narra il Natale in campagna di Sophie, una ragazza molto ammirata che invita i suoi amici di città, Emily e Randal, scrittore di professione, a trascorre appunto il Natale in campagna da sua zia Plumy, una saggia donnina, e i suoi figli, Ruth e Saul, eroe di guerra. Qui, tra storie narrate davanti al caminetto mentre la neve cade oltre la finestra, scopriamo il valore dell’amore e del matrimonio in un’atmosfera che richiama le celebri Piccole donne.


Ne La cena di Natale, i protagonisti leggono la storia di un uomo eccentrico che nel suo testamento aveva disposto che ogni 25 dicembre fosse allestito un banchetto per dieci persone infelici, miserabili, angustiate, non per un intento caritatevole ma per dimostrare, attraverso tinte oscure e macabre, ma anche profonde, che non vi è alcuna speranza per il dolore del mondo e le afflizioni degli uomini, nemmeno a Natale.

L’ultimo racconto, Il venditore ambulante dell’imprescindibile Charles Dickens, narra la vicenda del Dottor Marigold che trascorre la vita vendendo merci in giro per l'Inghilterra e dopo aver perso la sua famiglia e vagato per anni, incontra e adotta una ragazza sordomuta per insegnarle a comunicare con il mondo. In perfetto stile dickensiano, per spirito e atmosfera, è una storia toccante e commovente da leggere sotto l’albero.

"In cucina me la cavavo abbastanza bene; perciò voglio dirvi cosa mi preparai per la cena di Natale: un pasticcio di vitello con due rognoni, una dozzina di ostriche e una coppia di funghi. É un pasticcio che concilierebbe un uomo con tutto quanto esiste, tranne che con i due ultimi bottoni del suo panciotto."
Charles Dickens, Il venditore ambulante

Un’antologia natalizia che spazia tra candore, umorismo e sentimento. Lo stile di questi autori, pur differenziandosi, ha in comune una certa eleganza. I loro racconti, ambientati tra povertà e agiatezza, mettono in risalto i valori genuini che caratterizzano il Natale nella sua essenza. Una raccolta, insomma, che ho apprezzato e che consiglio a tutti gli amanti dei classici

lunedì 21 dicembre 2020

Recensione: Storie di Natale - Racconti inediti di Louisa May Alcott

Buongiorno lettori e buon lunedì.
Oggi vi parlo di una lettura adatta ai più piccoli di un’autrice che, nel periodo natalizio, sembra essere la più amata: Storie di Natale – racconti inediti di Louisa May Alcott, edita lo scorso 24 novembre da Edizioni Clichy.

“Non smettere mai di credere alle care, vecchie storie, anche quando arriverai a capire che sono soltanto la piacevole ombra di un’amabile verità.”


Questa piccola perla letteraria racchiude una raccolta di dodici racconti molto teneri che Alcott era solita raccontare alla nipotina, Lulu, e che in occasione di un Natale, trascrisse per farne una raccolta da donare. In realtà, la storia natalizia è soltanto una e forse complice il periodo, è stata la mia preferita, proprio per lo spirito da cui è pervasa. I restanti undici titoli, hanno come protagoniste bambine o ragazzini che vivono piccole o grandi avventure dalle quali è sempre possibile ricavare un insegnamento e quindi una morale. In essi c’è fantasia, coraggio, intraprendenza e spesso anche i toni e le caratteristiche della favola, attraverso animali parlanti, fate e scatole magiche, e tutti toccano temi sociali come la povertà, i maltrattamenti, ecc… affidando le storie a personaggi amabili e capricciosi, disobbedienti e coraggiosi.
 
Un libricino che consiglio vivamente di regalare ai vostri cuccioli alle prese con le prove dell’infanzia, che potrete leggere loro prima di andare a letto o lasciare che lo leggano da sé, perché il linguaggio suscita immagini vivide e colorate, e lo stile scorrevole, sensibile e pieno di tatto dell’autrice di Piccole donne, allieterà grandi e piccini.

giovedì 10 dicembre 2020

Recensione: La gatta della regina di Domitilla Calamai e Marco Calamai de Mesa

Buongiorno lettori,
questa settimana si è concluso il mio viaggio nella Spagna del Nuovo Mondo iniziato con la lettura del romanzo storico La mantella rossa (qui la mia recensione) di Domitilla Calamai e Marco Calamai de Mesa, perché ho terminato La gatta della regina, sequel ideale, ambientato circa vent’anni dopo la summenzionata opera. Entrambi i romanzi, scritti a quattro mani da padre e figlia, sono editi da La Lepre Edizioni

“Forse la patria di un uomo, si disse, non è solo quella in cui si nasce, ma anche quella che ognuno liberamente si sceglie.”

Siamo agli inizi del Cinquecento e Diego e Clara, i protagonisti de La mantella rossa, stabilitisi da circa vent’anni a Tenerife, hanno coronato il loro sogno d’amore mettendo al mondo tre figli, Alvaro, Inès e Juan. I tre ragazzi, diversi tra loro per carattere e passioni, si trovano ad affrontare le sfide di un mondo che cambia molto velocemente. Alvaro, il maggiore, sente di dover lasciare l’isola per diventare un importante uomo d’affari; Inès, la ragazza ribelle, vorrebbe essere libera di vivere la propria vita senza dover accettare un matrimonio come unico fine; Juan, il più giovane, sogna di raggiungere il nuovo continente per la sua attività di ricercatore e studioso di botanica. 
Tutti e tre destinati a lasciare la piccola e sicura Tenerife, e Clara, rimasta sola dopo l’improvvisa scomparsa in mare di Diego, vivranno le loro avventure e la loro maturazione. Alvaro lo farà attraverso importanti incarichi e l’amore di Camilla, una nobildonna genovese. Inès ritrovandosi in un primo momento nelle vesti di dama di compagnia della regina Giovanna la pazza che vive isolata dalla complessa scena politica dominata dal figlio, l’imperatore Carlo V, e in seguito come ribelle al fianco del popolo in rivolta. Juan diventerà un uomo imbarcandosi per scoprire la flora del Nuovo Mondo a scopo curativo e, suo malgrado, diventando testimone della febbre dell’oro e della ferocia dei Conquistadores nei confronti degli indigeni. 

 “Tutto era cambiato, i confini del mondo e dei desideri erano stati ridisegnati.”


Personalmente ho fatto un po’ fatica ad appassionarmi alle vicende dei tre fratelli de Mesa; per me è stato inevitabile paragonare questo romanzo al precedente, che mi ha catturato molto di più. Se ne La mantella rossa, la storia d’amore di Diego e Clara bilancia benissimo la parte romanzesca agli eventi storici descritti senza nessuna pesantezza e tenendo alto l’interesse del lettore, ne La gatta della regina non ho avuto lo stesso riscontro: spesso le vicende sono descritte come un riassunto e velocemente si passa avanti, senza grandi dialoghi. Non sono riuscita a provare una reale simpatia per qualcuno dei protagonisti o un’emozione un po’ più accentuata. La vicenda di Inès era quella più nelle mie corde, ma fino a un certo punto, fino a Giovanna la pazza e alla sua gatta. Il personaggio è interessante perché Inès è fuori dagli schemi, è indomita e curiosa, ha l’indole di un maschio, ma, in maniera non so quanto credibile, diventa una sorta di eroina travestita da uomo per via di un amore saffico che viene annunciato, descritto, ma che non ho percepito minimamente. 
Tutto scorre molto velocemente, vi sono alcune descrizioni ben riuscite soprattutto dei luoghi e gli eventi che fanno da cornice sono descritti sapientemente perché la parte storica denota una conoscenza profonda del periodo narrato da parte dei due autori, mentre quella sentimentale e romanzesca, mi è sembrata priva della freschezza e del pathos trasportante e spesso incisivo, che invece permea l’opera prima di de Mesa padre e figlia, dandole quel di più.