“Penso che chiunque, non importa quanti problemi possa avere quando crescerà, debba avere un’infanzia felice verso la quale guardare.”
“Non manca ciò che non si è mai posseduto.”
Inizia così la corrispondenza a senso unico della protagonista, dal suo primo anno di college fino alla maturità, e sono spesso lettere simpatiche, in cui racconta la sua nuova condizione, il suo stupore per cose che non avrebbe mai creduto possibili le accadessero, il suo disagio con le compagne di stanza, che, al contrario di lei, hanno avuto un’infanzia normale, i suoi progressi nello studio, la sua crescita di rapporti umani. Epistole condite di buonumore ma che contengono anche riflessioni e sprazzi di malinconia si susseguono per un periodo di quattro anni, vacanze in campagna comprese. Anni che condurranno Judy al diploma e una nuova e forse ancor più felice svolta nella sua vita. Tutto indirizzato al misterioso benefattore che vorrebbe tanto conoscere e considerare come la famiglia che non ha mai avuto.
Una protagonista determinata, gioviale, alla quale piace leggere, molti sono, infatti, i riferimenti letterari che incontriamo, che arriva a rendersi indipendente e che cerca sempre il lato positivo. Attraverso questa ragazza spontanea e al tempo stesso profonda ed empatica, un finale dal leggerissimo tocco romantico e uno stile frizzante, Jean Webster ci racconta una storia di formazione e di buoni sentimenti, piacevole e a tratti divertente.
“Con un panorama bellissimo tutt’intorno, e molto da mangiare e un confortevole letto a baldacchino e una risma di carta bianca e una bottiglia intera d’inchiostro… cosa si può mai desiderare di più al mondo?”
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