martedì 14 aprile 2020

Recensione: Kilmeny del frutteto di Lucy Maud Montgomery

Buongiorno lettori e lettrici,
oggi sono davvero felice di dedicare un po’ di spazio a un romanzo incantevole che ho terminato la scorsa settimana e che mi ha letteralmente rapito, Kilmeny del frutteto della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, la mamma della più famosa Anne Shirley, ovvero Anne di Tetti Verdi (Anna dai capelli rossi)
Kilmeny of the Orchard, pubblicato per la prima volta nel 1910, è il terzo romanzo di Montgomery ed ebbe un grande successo tra i lettori dell'epoca. Oggi è disponibile per la prima volta in italiano in edizione integrale e annotata grazie alla traduzione del Prof. Enrico De Luca e a Caravaggio Editore. 

"Fino all'ultimo suo giorno Eric Marshall avrebbe ricordato vividamente quella scena, così come la vide... L'oscurità vellutata del bosco di abeti, l'arco del cielo di morbido splendore, i boccioli di lillà ondeggianti, e nel mezzo la ragazza sulla vecchia panca con il violino sotto il mento."

Eric Marshall è un giovane di bell’aspetto appena laureatosi in lettere. Il suo futuro è pieno di possibilità ma lui ha già deciso cosa fare della propria vita: succedere al padre nell’azienda di famiglia e magari ingrandirla. Un giorno, però, riceve la lettera di un caro amico, che per motivi di salute gli chiede di sostituirlo, per un breve periodo, come supplente nella scuola in cui insegna sull’isola del Principe Edoardo. Una lettera che lo porterà a un incontro che gli cambierà la vita per sempre. 
Le giornate trascorrono monotone nel villaggio di Lindsay ma Eric, tra compiti da correggere e spettacolari tramonti da ammirare, non fatica a inserirsi tra gli abitanti del posto. Poche settimane lo separano dai suoi progetti futuri, ma presto non vorrà più andar via da quel luogo. Una sera, durante una delle sue passeggiate, il giovane decide di esplorare un nuovo sentiero e, guidato dalla bellezza della natura, si ritrova davanti a un vecchio frutteto abbandonato dal quale una musica soave, dolcissima, si libra nell’aria come un richiamo armoniosamente irresistibile. 

"Non aveva mai udito nulla di simile, e in qualche modo era piuttosto sicuro che nulla di simile fosse mai stato udito prima; era convinto che quella musica splendida arrivasse direttamente dall'anima di un violinista invisibile; (...) L’anima stessa della musica, depurata dai sensi e da ciò che è terreno."


“Era una melodia sfuggente, ossessionante, stranamente adatta al momento e al luogo; aveva in sé il sospiro del vento nei boschi, il misterioso sussurro delle erbe al posarsi della rugiada, i candidi pensieri dei gigli di giugno, l’esultanza dei boccioli di melo; l’anima di tutte le vecchie risate e delle canzoni, delle lacrime, della felicità e dei singhiozzi che il frutteto aveva conosciuto negli anni perduti.”

La musica sconosciuta guida i suoi passi attraverso il frutteto dall’erba incolta ma i cui fiori sono in boccio, e lungo l’antico viale dei ciliegi fino a una panca di legno. Lì, seduta con un vecchio violino tra le braccia, c’è una ragazza con un vestito azzurro, lunghi capelli neri raccolti in due trecce lucenti e un paio di occhi azzurri incastonati nel viso più bello e perfetto che Eric abbia mai visto. Occhi che appena si accorgono di lui lo fissano spaventati. È Kilmeny Gordon e nessuno, a Lindsay, l’ha mai vista prima. 

“La sua mente e il suo cuore, totalmente preservati dal mondo, 
erano belli quanto il suo viso.”

Kilmeny è muta. La musica è la sua voce ma Eric questo ancora non lo sa. Sa solo che non riesce a togliersela dalla testa e che deve saperne di più, anche se a Lindsay i Gordon sono considerati gente strana. Ed è così che il lettore viene trascinato in una storia in cui l’atmosfera iniziale, leggiadra e quasi surreale, assume un po’ alla volta le sfumature cupe e dolorose che hanno forgiato una creatura misteriosa, tanto bella quanto rara come Kilmeny. Eric ne è stregato e chi legge con lui. Eric se ne innamora follemente. 

Kilmeny del frutteto è un romanzo che rapisce per la dolcezza e la poesia. Una storia d'amore che fa sognare ad occhi aperti. Un gioiellino romantico mai mieloso o stucchevole, che tiene il lettore sospeso come in un sogno di cui non vede l'ora di conoscere i risvolti e di cui, ovviamente, non posso spifferarvi altro, solo aggiungere che bellissime sono le descrizioni dei paesaggi e della natura, descrizioni scaturite da una penna sapiente, variopinta e capace di trasmettere visioni e sensazioni come poche altre

Un classico ritrovato che ho amato particolarmente, che tra rose in boccio, gigli bianchi e fiori di melo, incanta per la delicatezza della storia, per la purezza della protagonista, ma anche per la riproduzione della copertina originale, per l'impaginazione gradevolissima e per le bellissime tavole, sempre del 1910, che impreziosiscono il magnifico e consigliatissimo volumetto. 

"... Rose rosse come il cuore di un tramonto, rose rosa come il primo rossore dell'alba, rose bianche come la neve sulle cime delle montagne, rose completamente sbocciare e rose ancora in boccio che erano più dolci di qualsiasi cosa sulla terra, eccezion fatta per il volto di Kilmeny."

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