lunedì 21 ottobre 2019

Recensione: Charles Baudelaire intimo: il poeta vergine di Nadar

Buon giorno cari lettori e buona settimana,
oggi vi parlo del saggio che vi ho presentato il mese scorso Charles Baudelaire intimo: il poeta vergine di Nadar (Qui) edito Robin Edizioni (2017).
Ho sempre amato molto le poesie di Charles Baudelaire e la sua figura controversa ha sempre esercitato un grande fascino su di me, per questo sono stata molto felice di poter leggere e apprezzare una testimonianza speciale, unica, di chi, all'epoca, ebbe la fortuna e l'onore di conoscerlo di persona.

“… sensibile alla delicatezza del cuore, di un cuore che talvolta ebbe fame.”

Félix Tournachon, conosciuto come Nadar, è stato uno scrittore, un caricaturista, un aeronauta e soprattutto un pioniere della fotografia. Durante la sua lunga vita, nacque nel 1820 e morì nel 1910, scattò fotografie e disegnò caricature di molte celebrità del suo tempo. 
Amico sin dalla gioventù del poeta francese Charles Baudelaire, nel 1906, Nadar, ormai anziano - sulla scia di Asselineau, altro grande amico di Baudelaire, che celebrò quest’ultimo con una biografia altrettanto intima - si convinse a mettere ordine nei propri ricordi attingendo a una serie di scritti, lettere e fogli sparsi che custodiva da lungo tempo. Baudelaire era morto ormai da molti anni (nel 1867) ma aneddoti e dicerie sul suo conto non avevano mai smesso di circolare. Nadar desiderava ristabilire in  qualche misura l’immagine del poeta maledetto, che nella sua breve vita aveva subito l’umiliazione di un processo per oscenità, a causa dei suoi oltraggiosi I fiori del male che offendevano la pubblica morale. Le sue carte intime, invece, insieme ai suoi ricordi testimoniavano il passaggio su questa terra di un essere diverso da tutti gli altri. 

“Quante volte io l’ho trovato in un caffè, coi gomiti sul tavolo, in compagnia dell’ultimo degli imbecilli, mentre sviluppava davanti al vuoto, per un’ora intera, le sue teorie più astratte.”

Nadar fu il primo a diffondere la leggenda del poeta vergine per contrastare la più comune opinione di un Baudelaire dedito soltanto alle droghe, all’alcol e morto di sifilide. 
Il risultato fu una biografia anomala, schietta e affettuosa al contempo, pubblicata per la prima volta nel 1911, quando anche lo stesso Nadar era ormai passato a miglior vita. 
All’inizio di questo suo lavoro, il fotografo tenta innanzitutto di fare ordine nella Parigi trasformata in cui vive paragonandola alla città della sua gioventù: una Parigi perduta, dove pullulavano artisti, pittori, poeti, letterati del tempo, ricordandone le strette relazioni. 

“Tutto in comune, senza riserve, senza segreto, le nostre esistenze individuali facendone una, vivevamo in piena luce, come sotto una cupola di vetro, in un’intimità continua alla quale niente poté sfuggire.”

Dal suo carteggio fuoriescono così episodi poco noti di un’epoca ormai passata e soprattutto aneddoti sull’amico poeta. Baudelaire e la fotografia, allora agli albori, in rapporto all'arte: egli riteneva che la fotografia influenzasse negativamente la pittura perché l’immagine catturata non lasciava più l’artista libero di sognare costringendolo a guardare la realtà, mentre poter sognare, è una fortuna ed è una gloria esprimere i propri sogni. 
Nadar ci lascia scoprire la corrispondenza del poeta con taluni artisti. La sua ricerca di un talento che sapesse raffigurare, così come lui li immaginava, i frontespizi delle sue opere in pubblicazione. Un estimatore di quadri, amico di Manet e di Meryon. 
Il modo che aveva di apparire su una scena e di porsi, suscitando inconsapevole ammirazione.

“Stavamo dunque per conoscerlo quell’essere tanto desiderato, quell’attrazione suprema!”

Ricorda così, Nadar, quando in compagnia di amici stava seduto su una panchina e lo guardavano avvicinarsi. La sua delicatezza rara che equivaleva a una volontaria solitudine. 

“Spinse molto più lontano l’orrore per ogni gregge, ribelle nato davanti a ogni idea imposta.”

Il suo riserbo per certi argomenti, la freddezza e l’indifferenza che esibiva alla minima parola indecente. 

“Quelli che non hanno conosciuto Baudelaire nell’intimità hanno potuto o dovuto scambiare il suo atteggiamento riservato per aridità di cuore invece si trattava di circospezione e geloso pudore.”

La sua noncuranza dei giudizi del mondo:

“Bado poco alla critica e sprofondo ostinatamente nella mia incorreggibilità.”
Charles Baudelaire


La sua strana misoginia, ossia l’odio verso le donne che affondava le radici in una complicata relazione con la madre e in un’infanzia traumatica. Un livore che, però, si contraddice nei versi lascivi che ci ha lasciato. 

“È la parola che sostituisce il gesto, il sogno che si vendica della realtà.”

Il suo appartamento all’Hôtel Pimodan, in cui Nadar ci lascia entrare descrivendolo fin quasi nel dettaglio, dove, sostiene, mai donna ne varcò la soglia.

“Lo spirito dominava così tanto il corpo da ridurlo all’assenza del desiderio, da annichilirlo? E tale quiete era davvero autentica?”

Carte, quelle di Nadar, che oltre a insinuare il dubbio sull'effettiva lussuria del poeta riportano alla luce l’unico testo teatrale da egli progettato e una lunga lista di titoli di poesie che non fece in tempo a scrivere. 

“Ben presto, impotente a risollevarle, contemplerà, giacenti al suolo e spezzate, le statue e le colonne di tante belle poesie che portava ancora dentro di sé.”

E infine ci racconta di un Baudelaire, vinto dalla malattia, afasico, che trascorse il suo ultimo tempo in una casa di cura in rue Dôme e ricorda la propria commozione nel vedere quell’angelo caduto ridotto al silenzio. 

“Oh l’orrore di quella fine penosa, la spaventosa crudeltà di Colui che ha colpito Baudelaire nella parola, Baudelaire, quell’incastonatore di gemme, di rubini, di crisopazi, così come aveva colpito Beethoven nell’udito e Michelangelo nella vista.”

Nadar è dietro l’obiettivo, dietro la lente e scatta il suo ritratto, il suo fermo immagine dai contorni eternamente sfocati, in un saggio, una sorta di biografia, una raccolta di memorie, di epistole, di fotografie, per l’appunto, di un’anima che è stata forse troppo sensibile per questo mondo malato per non caderne vittima, quale fu l’anima di Baudelaire
All’inizio questa lettura può forse sembrare un po’ ostica ma senza accorgersene ci si ritrova alla fine quasi avendolo visto, il poeta maledetto, vestito di nero; essendo stati addirittura a casa sua, avendone sentito il profumo di muschio da venti soldi. Quasi ci si domanda, in questo raro e impagabile libricino, quali abissali pensieri Baudelaire non ha fatto in tempo a riversare nei suoi versi. 

“Solo i poeti possono capire i poeti.”
Charles Baudelaire