lunedì 2 settembre 2019

Recensione: Jalna di Mazo De La Roche

Buon giorno lettori, buon lunedì e soprattutto buon settembre.
Oggi vi parlo di “Jalna” di Mazo De La Roche, romanzo apripista di una lunga saga familiare (ben sedici volumi. Qui la presentazione) che mi ha tenuto compagnia in questa torrida estate.
Mazo De La Roche è stata una prolifica scrittrice canadese del primo Novecento, che con Le Cronache dei Whiteoak (The Whiteoak Chronicles) raggiunse il successo mondiale conquistando milioni di lettori.
Il romanzo, arrivato in libreria lo scorso luglio grazie a Fazi Editore, è stato per me una vera scoperta che non vedo l'ora di proseguire.

“E quanto sapeva essere silenziosa Jalna! La tranquillità a volte era un incantesimo che durava ore.”

I Whiteoak - famiglia di origine inglese trapiantata in Ontario, Canada - vivono a Jalna, maestosa tenuta in mattoni rossi costruita dal capitano Philip Whiteoak e da sua moglie Adeline Court e così battezzata in onore della città indiana omonima, dove da giovani si erano conosciuti. Adeline, ormai vedova, ha raggiunto la veneranda età di 99 anni ed è una matriarca con un caratterino di tutto rispetto: viziata e tirannica, è un’eccentrica signora che indossa buffe cuffie dai nastri colorati e tiene sotto scacco la sua numerosa famiglia. Figli e nipoti, però, non sono da meno e riescono ognuno a ritagliarsi uno spazio nella mente del lettore. Nicholas ed Ernest, suoi figli, sono due attempati e altrettanto bizzarri zii che nutrono ciascuno segretamente la speranza di ereditare la magione. Poi ci sono i sei figli del loro defunto fratello minore, Philip: Meg, l’unica donna, zitella dal cuore ferito; Renny, considerato il capofamiglia, bello e tenebroso, passionale e inflessibile; Eden, poeta riservato; Pears, contadino sventato tutto d’un pezzo; Finch, adolescente incompreso con un forte senso d’inferiorità e infine il più piccolo del clan, Wakefield (il mio preferito), nove anni di furbizia, birbanteria e birichinate. 
    
 “Chi ama una sorella non può amare la figlia dell’uomo che l’ha tradita.”

Relazioni complesse iniziano a sorgere tra i membri della famiglia quando due donne molto diverse tra loro entrano a farne parte: la giovanissima Pheasant, figlia illegittima del vicino che fugge con Pears portando a galla rimpianti lunghi vent'anni, e Alayne, donna forte e indipendente che lascia New York e il suo lavoro per seguire Eden in Canada, ritrovarsi disillusa dal giovane poeta e innamorata di un altro Whiteoak. 
Il romanzo, oltre a imbastire una trama scoppiettante per le dinamiche che innesca, riesce, proprio servendosi delle due estranee, a porsi come uno strumento di critica verso la condizione delle donne dell’epoca.

“E i nostri sogni?”
“I sogni non contano. È la realtà la vera tortura per le donne.”

Jalna coinvolge per l’atmosfera che la famiglia, quasi si muovesse come un’unica entità, crea, ma anche per le descrizioni di una natura bellissima e selvaggia che l’autrice dipinge con maestria attraverso il cambio delle stagioni. Il fitto di una pineta odorosa, una radura tra le betulle, un viale alberato, grandi frutteti, fronde odorose, cavalli al pascolo, lo specchio di un lago, tutto ciò delinea il perimetro di Jalna, entro cui si muovono i suoi abitanti con le loro passioni, odi e amori lunghi cent’anni, perché i Whiteoak sono affettuosi, una famiglia in cui baci non mancano mai, ma sono anche arroganti, irascibili e spesso egocentrici. 

"I Whiteoak avevano una grande propensione al bacio. (...) Bastava un nonnulla e partivano i baci."

L’autrice esplora i loro caratteri, le loro interazioni e gli effetti delle loro scelte sull'intera famiglia. 


In questo primo volume gli abitanti di Jalna ci aprono le porte del loro salotto o, se è una giornata soleggiata, ci invitano a prendere il tè con loro, seduti sul prato verde davanti alla tenuta, per potersi presentare al lettore e mostrare sin da subito la loro brama di vivere. 

"I Whiteoak pensavano, sentivano e agivano con un'intensità vittoriana; (...) Non si mettevano a filosofeggiare sulla vita, e non c'era emozione che fosse troppo logora o antiquata da non poterla esprimere e vivere con intensità e abbandono."

In Jalna troviamo una penna colorata come un’estate indiana, che profuma di foglie secche e scuderie, mele e tabacco, e che dà vita a una prosa frizzante, leggera e velatamente ironica. Ho trovato, soprattutto nella seconda metà, un po’ affrettati alcuni passaggi riguardo agli innamoramenti dei protagonisti, che mi sono sembrati improvvisamente descritti senza grandissimo trasporto, ma Jalna è, per l’appunto, un biglietto da visita, un benvenuto in famiglia, una premessa, una soglia che lascia intravedere attraverso il vetro frastagliato sviluppi molto accattivanti


"Pensò al momento di beatitudine che aveva provato quando si erano guardati negli occhi e avevano visto l'amore che sbocciava come un fiore, come le corolle sui rami dei ciliegi nel prato. L'avrebbe amato per sempre; per sempre la notte lui si sarebbe rannicchiato contro la sua spalla."

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