Virginia Woolf |
Questo
è Una stanza tutta per sé: la ricerca
di una donna, di una letterata, di coloro che la precedettero nell’arte dello
scrivere. Un saggio, quello della Woolf, che inizia con un foglio bianco, un
titolo: “Le donne e il romanzo” e una
passeggiata infruttuosa in una Londra autunnale per raccogliere le idee su cosa
scrivere. Ma è solo quando Virginia torna nella sua stanza, alla sua libreria,
che questo libricino entra nel vivo. Ella ci conduce dal Cinquecento
Shakesperiano ai suoi giorni nella ricostruzione di quella che è la genesi del
romanzo femminile. Il suo percorso prende vita da una frase da lei coniata e
attorno a cui ruota l’intero apparato: "Una donna, se vuole scrivere romanzi, deve avere soldi e una
stanza per sé". Queste
sono le due condizioni necessarie al gentil sesso per poter aspirare a
diventare scrittrici e se in un primo momento la frase può apparire puramente
materiale, nel percorso tracciato dalla Woolf ci si rende conto che non è così,
che questa frase nasconde una verità riscontrabile nella letteratura stessa.
I volumi del Cinquecento e del Seicento della
libreria di casa Woolf non presentano nomi femminili. Questo è facilmente
spiegabile. In quell’epoca per la donna era impossibile pensare di scrivere. Ella
era rilegata alle sue stanze, alle sue mansioni ed era priva dei mezzi quali
l’istruzione o il denaro per permettersi di scrivere. “Le donne sono state
sedute in queste stanze per milioni di anni, cosicché ormai perfino le pareti
sono pervase dalla loro forza creativa”. Non era una creatura libera, era
tenuta ben salda dalle catene della quotidianità al suo ruolo di madre, moglie,
casalinga. Non le era permesso esprimersi e la sua opinione non contava.
Cambiando scaffale la Woolf posa lo sguardo sui volumi settecenteschi e qui
qualche sparuto nome di donna fa la sua comparsa, ma leggendone le pagine è ben
evidente come il retaggio sociale impedisca alle autrici donne di esprimersi
liberamente. Addirittura vengono derise dalla società maschilista. Lo scaffale
dell’Ottocento al contrario pullula di opere femminili. Qualcosa è cambiato e
nei grandi nomi di Jane Austen, Charlotte ed Emily Brontë, George Eliot,
Elizabeth Gaskell, le autrici donne trovano il loro riscatto. La donna adesso è
ancora rilegata alle sue stanze, ma è proprio in esse che tra una faccenda e
l’altra, inizia a scrivere e sceglie, come forma più malleabile per esprimere
la propria fantasia, il romanzo. Così la Woolf ci mostra una Jane Austen che
scriveva nel salotto, stanza comune, dove veniva continuamente interrotta da
intrusi, eppure caparbiamente dedita a narrare le vicende dei Bennet, di Emma,
del capitano Wentworth. Ci mostra una Charlotte Brontë che non poteva
permettersi di comprare troppa carta tutta in una volta eppure scrisse Jane Eyre. Una Emily Brontë che senza mai
vedere il mondo oltre la sua amata brughiera scrisse un capolavoro come Cime Tempestose.
Queste donne hanno
scritto nelle loro stanze seppur con poche risorse economiche, ma a differenza
delle loro madri o nonne erano libere di esprimersi, anche se la società non
era ben disposta nei confronti delle loro opere. Basti pensare che le Brontë
pubblicarono per la prima volta con pseudonimi maschili. Molto bello è il passo
che la Woolf dedica a Charlotte Brontë e al suo genio creativo: “Sapeva, e nessuno lo
sapeva meglio, quanto il suo genio avrebbe guadagnato se non si fosse disperso
in visioni solitarie sui campi lontani; se le fosse stata concessa
l'esperienza, i contatti e i viaggi. Ma non le furono concessi.” Questo mostra come la donna non fosse poeticamente inferiore
all’uomo, ma semplicemente priva delle opportunità che invece erano date a
quest’ultimo. Se una donna nel Cinquecento avesse avuto le stesse opportunità
di Shakespeare di vivere e viaggiare ed esprimersi, probabilmente oggi
leggeremmo opere di una “Shakespeare donna” dello stesso inestimabile valore e
non a caso la Woolf scrive: “
Virginia giunge così allo scaffale del
suo tempo, dove le donne sono si presenti, ma l’uomo ancora cerca di marcare il
territorio come se fosse una sua esclusiva. La conclusione di questo saggio è
un invito alla pace e alla libertà di espressione al di là dell’appartenenza
all’uno o all’altro sesso.
La Woolf per prima dichiara di avere una
rendita di cinquecento sterline lasciatale da una zia e questo le permette di
uscire dalla sua stanza, in cui legge e scrive, per potersi permettere di
osservare il mondo e arricchirsi.
"Datele
una stanza tutta per sé e cinquecento sterline l'anno, lasciatela parlare
liberamente e cancellare la metà di quel che include ora, e uno di questi
giorni scriverà un libro migliore. Fra altri cento anni (...) sarà un
poeta."
Antonella
Iuliano
Questo è stato uno dei libri che mi ha cambiato la vita. Argomentazione lucida, accattivante, tipica di una conoscitrice del proprio mondo, la Woolf qui concretizza tutto il suo genio. Da leggere e rileggere.
RispondiEliminaCondivido, per me è stata una lettura illuminante e molto sentita.
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