giovedì 12 novembre 2020

Recensione: Papà Gambalunga di Jean Webster

Buongiorno, cari lettori,
oggi vi parlo del romanzo più celebre della scrittrice americana Jean Webster, Papà Gambalunga, che i più ricorderanno per l’adattamento in versione anime degli anni 90 con il quale molti di noi sono cresciuti. 
Papà Gambalunga, generalmente considerato un libro per ragazzi, fa parte della collana "I classici ritrovati" curata dal Prof. Enrico de Luca
Scritto sotto forma epistolare, è stato tradotto per la prima volta integralmente in italiano da Miriam Chiaromonte e da Enrico de Luca, è uscito nel 2019 per Caravaggio Editore

“Penso che chiunque, non importa quanti problemi possa avere quando crescerà, debba avere un’infanzia felice verso la quale guardare.”


Jerusha Abbott, detta Judy, è un’orfana che per diciassette anni ha vissuto all’istituto di carità John Grier. Diventata ormai grande, la direttrice è solita servirsi di lei come aiutante per i trovatelli e la sua vita sembra così destinata a rimanere tra quelle mura, fino a quando un misterioso membro del consiglio e benefattore dell’orfanotrofio, colpito da un suo scritto, decide di mandarla al college affinché possa studiare e magari diventare una famosa scrittrice. Judy non sa chi sia quest’uomo che ha deciso di rimanere anonimo, riesce solo a scorgerne la lunga ombra proiettata dai fari della sua automobile sulla parete del corridoio appena prima che vada via. Da qui il nome Papà Gambalunga coniato dalla sua fantasia. Judy ha una sola condizione da rispettare, scrivere al suo tutore almeno una volta al mese comunicandogli i suoi progressi scolastici. 

“Non manca ciò che non si è mai posseduto.”

Inizia così la corrispondenza a senso unico della protagonista, dal suo primo anno di college fino alla maturità, e sono spesso lettere simpatiche, in cui racconta la sua nuova condizione, il suo stupore per cose che non avrebbe mai creduto possibili le accadessero, il suo disagio con le compagne di stanza, che, al contrario di lei, hanno avuto un’infanzia normale, i suoi progressi nello studio, la sua crescita di rapporti umani. Epistole condite di buonumore ma che contengono anche riflessioni e sprazzi di malinconia si susseguono per un periodo di quattro anni, vacanze in campagna comprese. Anni che condurranno Judy al diploma e una nuova e forse ancor più felice svolta nella sua vita. Tutto indirizzato al misterioso benefattore che vorrebbe tanto conoscere e considerare come la famiglia che non ha mai avuto. 

Una protagonista determinata, gioviale, alla quale piace leggere, molti sono, infatti, i riferimenti letterari che incontriamo, che arriva a rendersi indipendente e che cerca sempre il lato positivo. Attraverso questa ragazza spontanea e al tempo stesso profonda ed empatica, un finale dal leggerissimo tocco romantico e uno stile frizzante, Jean Webster ci racconta una storia di formazione e di buoni sentimenti, piacevole e a tratti divertente. 

“Con un panorama bellissimo tutt’intorno, e molto da mangiare e un confortevole letto a baldacchino e una risma di carta bianca e una bottiglia intera d’inchiostro… cosa si può mai desiderare di più al mondo?”


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