martedì 3 giugno 2014

Sašenka di Simon Sebag Montefiore

"In Russia la verità è sempre scritta non con l'inchiostro, come in altri posti, ma con il sangue innocente. Questi archivi sono sacri come il Golgota. Nell'arido fruscio dei fascicoli puoi sentire il pianto dei bambini, lo smistamento dei treni, l'eco dei passi verso le cantine, il singolo sparo della pistola Nagan che scarica i sette grammi. La carta stessa odora di sangue." 

Mi appresto a recensire questo romanzo, Sašenka di Simon Sebag Montefiore, edito da Corbaccio, con un certo rispetto reverenziale, quello che si prova dopo aver letto un grande romanzo; un romanzo che ha condizionato le mie ultime giornate, tanto da spingermi a interessarmi e a documentarmi sui fatti storici ivi narrati e a riporlo in libreria con la malinconia tipica del lettore che ad un tratto si sente orfano e non vuole staccarsi dal mondo che ha conosciuto leggendo. Siamo di fronte ad un romanzo storico scritto da uno storico e a mio parere da un grande narratore, che ha saputo ben dosare storia e letteratura, personaggi realmente esistiti e personaggi inventati, dando così vita a quello che ritengo essere uno dei più bei romanzi contemporanei mai letti, anzi, essendo ancora sotto il suo influsso quasi mi verrebbe da dire che è il più bello che io abbia mai letto; di certo è un romanzo completo. 
La storia si divide in tre parti che illustrerò brevemente senza rivelare più del necessario:

San Pietroburgo, 1916
Conosciamo Sašenka, una ragazza ebrea studentessa dello Smol’nyj e figlia del barone Samuil Zejtlin. Sullo sfondo meraviglioso di Piter (diminutivo di San Pietroburgo) assistiamo all’arresto della giovane protagonista, da parte della polizia a servizio dello zar Nicola II, proprio all’uscita dall’istituto, il giorno in cui sta per prendere le vacanze ed è attesa dalla sua tata: una giovane donna inglese, che affettuosamente chiama Lala e che l’ha cresciuta come se fosse figlia sua. La ragazza è sospettata di essere una bolscevica che complotta contro lo zar e in effetti scopriamo che, a dispetto della nobile posizione del padre, Sašenka crede fermamente in quel vento di cambiamento che porterà alla famosa rivoluzione d’Ottobre e alla caduta della dinastia zarista. È la nipote della così detta “coscienza bolscevica”: suo zio, Mendel’ Barmakid, fratello della madre - una donna lasciva e assente, seguace di Rasputin - la istruirà nella sua formazione comunista. L’arresto si risolve presto, in quanto suo padre ha i mezzi e le conoscenze per aprire le porte della prigione, ma una volta tornata a casa gli eventi che portano alla disintegrazione della sua famiglia e contemporaneamente di una classe sociale intera non tardano ad arrivare. 

                                                  Mosca, 1939
Sašenka è una donna sposata ed è la direttrice di una rivista per le donne sovietiche. Suo marito Vanja Palitsyn è un cekista al servizio di Stalin e insieme hanno due dolcissimi bambini, Neve e Carlo, che crescono tra la loro residenza in città e la dacia in campagna, entrambi doni del Partito. Sašenka e Vanja si conoscono sin dalla gioventù, quando per le strade di Pietroburgo lavoravano per la rivoluzione e con loro il grande amico di entrambi, il colonnello Hercules Satinov. Cresciuti insieme, con gli stessi ideali e con quell’unica coscienza comunista, Sašenka, Vanja e Hercules adesso vivono a stretto contatto con il dittatore russo: Stalin e la sua cerchia più fidata di uomini. Ma per Sašenka è alla porte qualcosa che una devota moglie comunista forse non può prevedere o peggio ancora non può permettersi: il vero amore, l’amore passionale, intenso ma breve quanto basta a distruggere tutto il mondo che le appartiene. Si innamora di Benja Golden, un famoso scrittore, con il quale vive una relazione clandestina che diventa fatale.
Qui inizia quella fase del romanzo in cui il lettore viene trascinato dall’angoscia per la sorte di questa donna e dei suoi bambini, da cui dovrà separarsi. Il Partito in cui crede le si rivolta contro e nonostante il Terrore sembri un capitolo appena chiuso, gli uomini di Stalin sono spietati e in Russia non c’è umanità verso chi compie il minimo sbaglio. Non c’è spazio per il sentimentalismo, non c’è spazio per la coscienza, solo per uomini e donne che credono e agiscono per il Partito e così lei, suo marito, il suo amante, vengono tutti quasi misteriosamente risucchiati dal tritacarne di Stalin, dove la verità non conta niente, dove la tortura, le sevizie, le ingiurie estorcono confessioni di comodo, fino a giungere a condanne capitali. Ma qualcuno, nel destino di questa donna sfortunata, usando una doppia ma sottile maschera, riesce a mette in salvo i suoi figli e si assicura che crescano al sicuro dall’orrore comunista.

Il Caucaso, Londra, Mosca, 1994
Katinka è una giovane storica, specializzata negli studi su Caterina la Grande e il suo secolo. Ottiene un lavoro a Londra dal suo professore di storia e si reca nella capitale inglese per conoscere chi le commissionerà tale lavoro, lasciando così la sua famiglia e il suo paese, un villaggio nel nord del Caucaso. A Londra conosce Roza Getman e suo figlio Paša, facoltosi oligarchi che le spiegano il tipo di ricerca che vorrebbero svolgesse per loro. Roza, una signora sessantenne, desidera rintracciare i suoi genitori o qualcuno della sua famiglia perduti durante la repressione. Katinka, dopo alcuni dubbi e incertezze, accetta di aiutare la donna e così vola a Mosca. Qui tra archivi di stato, fascicoli incompleti, prove che svelano colpi di scena inimmaginabili scopriamo cosa davvero è successo cinquant’anni prima a Sašenka: chi l’ha tradita davvero quando venne arrestata? Chi è Roza? Chi è il fantasma che è sopraggiunto a incolparla dalla lontana San Pietroburgo della sua giovinezza? Che fine hanno fatto i suoi figli? E suo padre? Suo zio Mendel’, suo marito Vanja, lo scrittore amato e Lala, la sua indimenticata tata?
Katinka dovrà riordinare le tessere di un puzzle complicato e macchiato di sangue innocente, intriso di una sofferenza disumana e scoprire che anche lei e la sua famiglia forse non sono del tutto estranei a quell’orrore che nei sotterranei della santa madre Russia ancora oggi nasconde legami tra vite sepolte e vite in superficie e che forse per qualcuna di queste vite è ancora possibile incontrarsi. 

Ho amato questo romanzo sin dalla prima parte, perché San Pietroburgo è una città di poesia e di pura arte, anche se il vento della rivoluzione ne ingrigisce le strade, i canali, la neve e il ghiaccio sul fiume Neva, il lettore ne percepisce tutta la magia. Nella seconda parte l’autore delinea, parallelamente alle vicende dei protagonisti, eventi storici e personaggi storici, primo tra tutti Stalin in persona e molti degli uomini dell’NKVD realmente esistiti, ad esempio il terribile comandante Berija e lo fa con una penna scorrevole, che non annoia. Nella terza parte un gioco di incastri e di rivelazioni rapisce e lascia senza fiato, addirittura, come nel mio caso, commuove fino alle lacrime.
Si percepisce come Montefiore abbia attinto a quelle fonti che purtroppo sono state la realtà della Russia di un tempo. In Sašenka si concentrano migliaia di donne che sono state vittime di un regime spietato, pur credendovi, pur essendo state sempre devote e irreprensibili di fronte alla causa, ma per le quali bastava un errore, anche un errore dettato dall’amore per perdere la vita.
Ritengo che sia un romanzo anche istruttivo, che va letto con calma e che ti lascia dentro lo sconcerto della disumanità e per questo motivo lo ritengo completo, perché oltre ad essere ben scritto ci mostra un mondo che spesso nei libri scolastici abbiamo conosciuto solo superficialmente o verso il quale non ci hanno stimolato a saperne di più.
Forse, se proprio devo trovare un difetto lo riscontro nel descrivere l’amore tra Sašenka e Benja Golden, perché non ho avvertito pienamente la passione tra i due, il romanticismo vero e proprio.
Le descrizioni sono ottime, lo stile spesso ha dei tratti poetici ed è chiaro, preciso. La copertina parla da sè, stupenda!
Montefiore ci fa fare un viaggio attraverso la storia russa del 900, dalla caduta dell’ultimo zar alla Russia Stalinista e anche dopo, con maestria ci fa rabbrividire fino in fondo all’anima; ci mostra il destino crudele di una nazione attraverso gli occhi grigi, ma determinati e fieri di una donna, Sašenka: ragazza bolscevica, moglie comunista, madre altruista che mi è rimasta nel cuore, insieme ai suoi due bambini, e per la quale avrò sempre uno sguardo tenero incrociandola sullo scaffale della mia libreria.
Antonella Iuliano


"E pronunciò ad alta voce la parola che stava diventando il suo talismano, il codice segreto per comunicare il suo amore ai suoi figli lontani, attraverso le steppe sconfinate e i fiumi maestosi della Russia."

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4 commenti:

  1. Bellissima recensione!!Ce l'ho in libreria da un bel po' di tempo ma non so perchè non l'ho ancora letto!!!La copertina è meravigliosa!!! *-*

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  2. Bellissima recensione Antonella. Non vedo l'ora di terminarlo.

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