giovedì 24 novembre 2016

Una storia comune di Ivan Gončarov

"Il cuore ama finché le forze lo sorreggono. Vive una vita propria: come l'uomo, ha la sua gioventù e la sua vecchiaia."

Cari lettori,
Oggi vi parlo dell’ultimo classico da me letto in questo ricco 2016: Una storia comune di Ivan Gončarov
In Italia Gončarov è conosciuto soprattutto per il suo romanzo Oblomov (che mi auguro Fazi Editore ripubblicherà l’anno prossimo). L'opera che mi appresto a recensire, almeno per me, è stata una vera scoperta: non avevo mai avuto il piacere di leggere quest’autore… e che piacere! Una lettura graditissima e appagante come non mi capitava da diverso tempo perché in questa storia c’è tutto: umorismo, ironia, profondità di pensiero, sogno, disillusione, vita. 


Il romanzo è ambientato nella vecchia Pietroburgo del XIX secolo. Il protagonista, il giovane Aleksandr Audev, decide di lasciare la casa paterna e il villaggio di Grači, dove è cresciuto vezzeggiato dalla madre, per inseguire le proprie aspirazioni e realizzare i propri sogni nell’allora capitale russa. Ad accoglierlo a Pietroburgo, non molto entusiasta del suo arrivo, c’é lo zio Pjotr Ivanyc, che si rivela subito un personaggio esilarante specie nei dialoghi che intesse con il nipote. 
Aleksandr è un sognatore, un romantico che crede fortemente nell’amore eterno e nell’amicizia; un ragazzo pieno di gioia di vivere e dai modi fin troppo cordiali per i gusti dell’austero zio che sin da subito stabilisce dei limiti affinché l’irruenza del nuovo arrivato, pregno dei modi bonari della campagna, non influisca troppo sulla sua personale esistenza fatta di affari, incontri in società e nessuna smanceria. Lo zietto, come Aleksandr affettuosamente lo chiama, è un uomo freddo e pragmatico che tenta d'indirizzare il nipote sulla strada che ritiene più giusta distogliendolo dai propri ideali, dalla poesia, dal sentimento perché il giovane non sospetta minimamente quanto essi possano rivelarsi fragili a contatto con la vita reale. Pjotr Ivanyc vorrebbe che il giovane si dedicasse di più al lavoro e che facesse carriera: il solo mezzo che ritiene capace di realizzare l'uomo affinché costruisca qualcosa di solido e duraturo. 

"La gloria si è stancata di tenere a balia i poeti: ci sono troppi aspiranti. Una volta la gloria, come una donna, faceva la corte un po' a tutti: ma ora chi la nota?" 


Nel suo soggiorno a Pietroburgo Aleksandr deve così fronteggiare una realtà che si presenta assai diversa da come sognava dalla sua stanzetta di campagna: le sue vicissitudini amorose e lavorative gli rivelano ben presto quanta ragione può avere un uomo come suo zio che continuamente gli consiglia di abbandonare le sciocchezze come l’amore e le aspirazioni letterarie. Il giovane resiste a tutto ciò fino a quando la disillusione, che è madre di quel processo di maturazione che fa di lui un uomo comune, s’impone. Davvero una storia comune dunque se si pensa a quante aspirazioni e a quanti sogni, gli uomini, crescendo, abbandonano dietro di sé; i più devono trovare se stessi nel dolore. Il dolore che eleva. Ma è davvero una disfatta per il sentimento? 

"Uscite per un momento dall'angusto orizzonte in cui siete rinchiusa, gettate lo sguardo sulla vita, sul mondo: cosa vedete? Ciò che ieri era grande oggi è miserabile; quello che volevamo ieri oggi non lo vogliamo più; l'amico di ieri è il nemico di oggi."


Un romanzo che ho amato moltissimo, che ho sentito particolarmente, nel quale l'ideale si scontra con il reale, il sentimento con la ragione, la teoria con la pratica. Tale dualismo avviene attraverso pagine scritte in modo magistrale e addirittura divertente: Pjotr Ivanyc (e questo è detto da una sognatrice quale spesso mi reputo), potrebbe apparire antipatico per il suo cinismo e invece è un vero portento, un personaggio che a ogni pagina non vedevo l’ora di ritrovare. Le sue risposte argute e senza fronzoli, i suoi modi di fare diretti e bruschi, mi hanno spesso fatto sorridere. Aleksandr, al contrario, suscita una grande tenerezza per l'ingenuità che lo contraddistingue e certamente incarna tutti noi sognatori, ma credo che a catturare davvero nella narrazione sia la sapiente lungimiranza da uomo di mondo dello zio che diffida del mondo ideale e più venalmente si tiene ancorato alla realtà.

Una storia comune si può definire un romanzo umoristico ma in realtà presenta una doppia faccia, come una medaglia: un romanzo spassoso nella forma ma profondo nei contenuti, reale, vicino all’uomo che eternamente aspira e umanamente combatte. 
Antonella Iuliano


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venerdì 4 novembre 2016

Anteprima: Via dalla pazza folla di Thomas Hardy

Buon pomeriggio cari lettori,
Oggi torno a scrivervi per presentarvi la nuova, bellissima edizione di Via dalla pazza folla di Thomas Hardy, autore del famoso Tess dei D'Urberville e di Nel Bosco.
Da ieri, 3 novembre 2016, questo classico dell'ottocento inglese è disponibile in tutte le librerie con una copertina davvero romantica, l'ennesima con cui Fazi Editore delizia i nostri occhi e ci fa sognare.
La traduzione del romanzo è nuova di zecca, a cura di Enrico Mistretta.
Ringrazio ancora una volta Fazi per la copia omaggio e vi lascio ammirare questo splendore di romanzo di cui vi parlerò senz'altro nei primi mesi del nuovo anno.


Trama:
Via dalla pazza folla narra le appassionanti vicende di Gabriel Oak, un giovane la cui vita viene sconvolta dall’inatteso arrivo dell’affascinante Bathsheba, bellezza orgogliosa e nullatenente di cui s’innamora. Quando le chiede di sposarlo lei lo rifiuta, ma i loro destini tornano a incrociarsi: mentre lei eredita una fattoria dallo zio, lui perde tutti i suoi averi in una notte di tempesta. Si ritrova così costretto a lavorare per Bathsheba e a contendersi le sue attenzioni con altri due uomini.


Se un romanzo può essere completamente intriso d’amore, ebbene questo lo è. Un amore per tutto, e non solo per le cose vive: per le melodie polifoniche del vento e per il linguaggio delle stelle, per le piante e per i colori, per il tempo che passa da un sorriso a una minaccia, per la fragilità della vita o per l’incanto di un gioco di luci. E, soprattutto, per la misteriosa algebra dei sentimenti umani. In questo scenario in cui tutto ha un’anima, o sembra proprio averla, si muovono i personaggi di un ambiente rurale, quello tanto amato da Hardy; e ci accorgiamo che proprio in quell’ambiente è forse possibile scoprire meglio il vero funzionamento, quello più riposto, della condizione umana. Perché è nella natura, dentro la natura e, appunto, via dalla pazza folla, che l’essere umano riesce a mettere a nudo la sua vera anima. 


I personaggi possono essere contadini o mercanti, ricchi agricoltori o servente, ubriaconi o bigotti, donnine impaurite o tipacci arroganti, amanti folli o fedeli innamorati, ma fra tutti emerge maestosa l’eroina del romanzo: donna sensibile, bella, intelligente, ma pur sempre donna, con tutte le contraddizioni della sua gelosia e dei suoi pudori, della vanità e dei capricci, degli scrupoli, della passione, e quindi infine del suo amore: è una donna di cui non si può fare a meno di innamorarsi candidamente, per non dimenticarla mai più.


«A scarnirlo dalla meravigliosa tessitura in cui è intrecciato, il romanzo presenta la struttura semplice, quasi elementare, delle ballate popolari. O del melodramma, verrebbe voglia di aggiungere: non manca neppure il basso continuo del coro villereccio, con voci soliste che di tanto in tanto se ne escono fuori in effetti, per lo più comici, irresistibili. Ma come si fa a scarnirlo, se si è continuamente presi nell’incantagione della sua musica e dei suoi colori, nel suo tempo lento, bradicardico, con appena qualche accelerata convulsa nei momenti tragici?».
Attilio Bertolucci


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