“CARI AMICI, ADORABILI ROMANTICI,
NOSTALGICI SOGNATORI…”
Per la seconda volta quest’anno mi
ritrovo a recensire un romanzo di Simon
Sebag Montefiore, che, adesso posso dirlo con certezza, è il mio autore
rivelazione dell’anno e anche uno dei miei scrittori contemporanei preferiti in
assoluto. Dopo l’avvolgente e tragica storia di “Sašenka” (Qui la mia recensione) non potevo non leggere il più recente
lavoro di quest’autore “L’amore ai tempi
della neve” (One night in winter,
il titolo originale) edito da Corbaccio.
Il mio entusiasmo è cresciuto
pagina dopo pagina perché ho trovato conferma della bravura di Montefiore nel
romanzare fatti realmente accaduti nella metà del secolo scorso, quando in
Russia vigeva la dittatura staliniana.
La gioia è andata crescendo
quando nel romanzo ho ritrovato alcuni personaggi presenti in Sašenka, i quali
hanno trovato nuovo spazio, nuova carta e inchiostro per i loro destini, ma ci
tengo a precisare che (come dice lo stesso autore a fine libro) nonostante
alcune famiglie e personaggi sono presenti in entrambi i libri, i due romanzi sono
autoconclusivi, a sé stanti.
“Il
cuore di ogni russo ha palpitato per i duelli di Puškin, i drammi passionali
dell'anima russa.”
Ci troviamo a Mosca, è il giugno
del 1945 e la città si prepara a festeggiare la vittoria della Russia sulla
Germania nazista con una parata che vedrà sfilare tutti i capi e i dirigenti
del Cremlino. In questo clima di festa ad un certo punto si odono due spari e
due studenti vengono trovati morti sul vicino ponte di Pietra. Questo terribile
fatto aziona la crudele macchina sovietica fatta di indagini, arresti,
estorsioni, torture, terrore che portano nel terribile carcere della Lubjanka,
dal quale pochi escono vivi. Nei guai finiscono alcuni ragazzi, diciottenni,
rampolli figli dell’élite politica, studenti della scuola 801 e addirittura due
bambini, fratelli minori di due dei protagonisti.
Nikolaša e Rosa, le due vittime,
facevano parte di un club esclusivo, un club considerato antibolscevico, perché
ruotava intorno al cosiddetto sentimentalismo borghese, all’amore e in
particolar modo intorno all’opera “Onegin”
di Puškin, il famoso poeta russo. Insieme ai loro compagni Minka, Serafima,
George, Vlad e Andrej - che è l’ultimo e l’unico figlio del popolo ad entrare ne
“Il Club degli Inguaribili Romantici”
- i ragazzi si divertivano a interpretare con costumi teatrali e pistole da
duello finte, il duello in cui Onegin uccide Lenski nell’opera del poeta e a
recitarne i versi.
Quel giorno sul ponte stavano per l’appunto inscenando tale
duello e rendendo onore all’amore romantico, quando l’inspiegabile tragedia si
abbatte su di loro. Trascinati in carcere, i ragazzi superstiti vengono interrogati
brutalmente e la questione dell’omicidio, che porta a galla amori e gelosie giovanili,
ad un certo punto sembra conclusa se non fosse che le indagini portano ad un
quaderno particolare, “Il quaderno di
velluto rosso dell’amore”, tenuto da Nikolaša e rinvenuto dal piccolo Senka
– quest’ultimo rimane coinvolto pur avendo soltanto dieci anni - e su cui Nikolaša annotava nomi e frasi ambigue che portano i
cekisti a pensare che sia tutta una montatura e che dietro al club ci sia una
cospirazione per rovesciare lo stato sovietico. Una cospirazione guidata dallo
scrittore e insegnante di letteratura dei ragazzi: Benja Golden (il grande
amore di Sašenka), colui che in classe iniziava le sue emozionanti lezioni con
la frase – richiamo: “Cari amici,
adorabili romantici, nostalgici sognatori...” Una cospirazione al centro della quale vi è
anche Serafima, la ragazza enigmatica, che nasconde un amore segreto, straniero,
e che finisce con pagare il caro prezzo del Gulag. Il caso dei ragazzi finisce
col diventare, per Stalin, l’opportunità per indagare - torchiandoli - sui loro
genitori e suoi sottoposti. Conosciamo così come operavano personaggi realmente
esistiti come il compagno Berija, il compagno Abakumov e altri capi sovietici. Ritroviamo
il già noto, ai lettori di Sašenka, maresciallo Satinov, i cui stessi figli
sono coinvolti nel caso e il cui cuore viene ghermito da quel sentimento così
estraneo alla sua natura, alla sua ideologia politica e sociale, quel
sentimento che mai avrebbe pensato di provare per una donna: l’amore
passionale.
Rimanere impassibili di fronte ai propri sentimenti è la regola dell’uomo
sovietico, perché è come una cordata di alpinisti, se uno sbaglia cade e con
lui cadono tutti gli altri, la famiglia, l’onore, la vita stessa. Il Partito è
la regola, non l’amore che rende deboli.
Il dissidio tra la scorza dura da mostrare
per non perdere la vita e trascinare con sé i propri cari - perché basta un
niente per essere incriminati - e la tenerezza di amori mai sopiti che scorrono
silenziosi sotto la superficie, attraversa impetuoso le pagine di questo
romanzo.
Montefiore, al termine, ci informa
sulle fonti e sulle ricerche svolte, perché “Il caso dei ragazzi” con tanto di
morti e arresti si verificò davvero nel 1943 e anche la vicenda che noi
conosciamo attraverso una delle protagoniste, Serafima, ricalca una storia
vera.
Questo romanzo è ricco, non saprei definirlo diversamente: in esso vi è storia, vi è poesia, anche un pizzico di letteratura, vi è una rosa ricchissima di personaggi, vi è la durezza del regime sovietico che si scontra con la delicatezza del sentimento dell'amore nascente nei petti di un gruppo di romantici diciottenni e infine vi è lei, la madre Russia, Mosca nello specifico, a fare da sfondo ad una storia che incolla il lettore alle pagine, letteralmente.
Lo stile è scorrevole, il contenuto interessante e istruttivo. L’autore riesce sempre a insegnare qualcosa sulla storia russa.
Troviamo descrizioni molto belle e accurate, ma mai pesanti, sia dei personaggi, che degli ambienti e degli stati d’animo. Una in particolare mi ha colpita molto e la riporto come estratto da condividere:
“Nel suo cuore c'era un'anima russa e questo voleva dire che aveva già nostalgia di Mosca, dei cristalli di ghiaccio che si formavano sulla finestra, dei versi sulla base del monumento al poeta in piazza Puškin, delle betulle argentate nei boschi, dell'acqua che cominciava a scorrere sotto la neve al disgelo, dei vecchi palazzi color ocra o azzurri come uova di storno.”
Lo stile è scorrevole, il contenuto interessante e istruttivo. L’autore riesce sempre a insegnare qualcosa sulla storia russa.
Troviamo descrizioni molto belle e accurate, ma mai pesanti, sia dei personaggi, che degli ambienti e degli stati d’animo. Una in particolare mi ha colpita molto e la riporto come estratto da condividere:
“Nel suo cuore c'era un'anima russa e questo voleva dire che aveva già nostalgia di Mosca, dei cristalli di ghiaccio che si formavano sulla finestra, dei versi sulla base del monumento al poeta in piazza Puškin, delle betulle argentate nei boschi, dell'acqua che cominciava a scorrere sotto la neve al disgelo, dei vecchi palazzi color ocra o azzurri come uova di storno.”
Antonella Iuliano
Nessun commento:
Posta un commento