martedì 29 marzo 2016

Storie di geni e di fate di Charlotte Brontë

In uno di quei tristi momenti, una volta prese in mano un pacchettino e, aprendolo, vide due riccioli luminosi come oro. Li guardò per un po' e ripensò alle parole di coloro che glieli avevano dati: "Prendili, così potrai ricordarti di noi quando dovrai affrontare le bestie selvagge del deserto o la grande aquila della montagna." (da La ricerca della felicità)

Cari lettori, diversi giorni fa vi ho presentato una raccolta di tre racconti inediti in Italia, Storie di geni e di fate, scritti da una giovanissima Charlotte Brontë, curati e tradotti dalla Professoressa Maddalena De Leo, rappresentante della  Sezione italiana della Brontë Society. Come anticipato, il volumetto di cui vi parlo oggi è il primo di diverse pubblicazioni che vedranno la luce in quest’anno del bicentenario della nascita della famosa scrittrice inglese.
Ringrazio la Casa Editrice L’ArgoLibro per avermi gentilmente inviato una copia.


Le tre fiabe presenti in questa piccola raccolta sono state scritte da Charlotte Brontë tra il 1829 e il 1830. Appena tredicenne, Charlotte creò in collaborazione con il fratello Branwell, e l’apporto delle sorelle Emily e Anne, un mondo immaginario in cui i protagonisti erano gli Young Men, i dodici soldatini che qualche anno prima il padre dei piccoli Brontë, Patrick, di ritorno da un viaggio, aveva portato in dono a Branwell. Nella fantasia dei ragazzi i dodici soldati ben presto si configurarono con i reali soldati del Duca di Wellington, eroe di Charlotte e vincitore su Napoleone. Lo scenario che scelsero come sfondo delle loro storie fu la costa dell’Africa occidentale, dove fondarono il fantastico regno di Angria e dove sono ambientati anche gli altri juvenilia, quali Henry Hastings, Il segreto e All’hotel Stancliffe e altri racconti giovanili (per citarne alcuni tradotti in italiano). 
Storie di geni e di fate si può dunque considerare come il principio del fantastico regno nel quale si svolgeranno le avventure successive scaturite dalle penne di Charlotte e di Branwell.
La giovanissima Charlotte era molto affascinata dal mondo della magia e questi suoi primissimi racconti ovviamente ne sono intrisi: geni e fate guidano e abbandonano i protagonisti nei loro pellegrinaggi decidendone il destino.


I racconti sono Un’avventura, in cui assistiamo all'approdo dei dodici soldati nel paese dei geni; La ricerca della felicità, dove uno dei giovani uomini intraprende un viaggio per poi scoprire che la vera felicità è dove sono i propri affetti; Le avventure di Ernest Alembert, un racconto molto descrittivo e piuttosto stravagante. 
In tutte e tre le storie compare un palazzo sfarzoso, tempestato di ogni sorta di gemma e ricoperto dei materiali più sontuosi: la dimora dei geni e delle fate.
Segue i racconti un breve saggio intitolato I Brontë. Una famiglia di scrittori, di M. De Leo

Personalmente ho gradito le prime due storie perché in esse mi è sembrato di cogliere un pizzico dell’incanto delle fiabe orientali. Il terzo racconto l’ho trovato privo di una trama capace di catturare e un po' esasperante: le descrizioni di ambienti, palazzi e paesaggi che repentinamente si susseguono, sono talmente piene di meraviglie che creano una specie di sovraccarico nella mente del lettore, e il protagonista sembra non avere una volontà propria. 

In conclusione consiglio questa raccolta a tutti gli appassionati brontëani che da buoni “collezionisti” non possono non avere questi germogli di scrittura in libreria. 

L’edizione presenta il testo originale (inglese) a fronte.

Antonella Iuliano

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